
Nota: La recensione si riferisce ad una visita effettuata pochi giorni prima dell’attuazione delle restrizioni legate all’emergenza sanitaria per il Covid-19
Per chi soggiorna in vacanza nelle Canarie, la tappa a Loro Parque è praticamente obbligatoria, non fosse altro che per il massiccio bombardamento pubblicitario: sull’isola di Tenerife, sede del parco, ci si imbatte davvero ovunque in cartelloni di tutte le dimensioni, vetrofanie in ogni negozio, adesivi sui cestini della pattumiera o sopra gli orinatoi dei bagni pubblici… Perciò non ci siamo fatti condizionare per nulla e abbiamo deciso di fare una visita (programmata già prima della partenza dall’Italia, quindi eravamo ironici solo in parte) a questo che viene considerato il parco faunistico n.1 al mondo. La giornata scelta è stata un po’ nuvolosa ma ciò non ha fermato le centinaia di ospiti che hanno deciso di entrare nel parco. A giudicare dal numero di auto presenti nel parcheggio, supponiamo che gran parte dei visitatori facessero parte di comitive organizzate, oppure che molti avessero usufruito del servizio gratuito di “trenino navetta” che citeremo più tardi insieme ad un episodio che riguarda proprio il parcheggio. Ma andiamo con ordine.




Trovandoci in vacanza ad un’ora d’auto dal parco, situato a Puerto de la Cruz, nel nord dell’isola, ce la siamo presa comoda col relax tipico di chi non vuole farsi sopraffare dallo stress e siamo entrati verso le 11. Tenete presente che il parco apre già alle 8.30, orario che personalmente non pensavamo nemmeno esistesse sugli orologi dei parchi divertimento. In effetti, se si arriva a quell’ora probabilmente si riesce a vedere tutto con la dovuta calma; nel nostro caso, invece, abbiamo dovuto necessariamente scegliere che cosa saltare: abbiamo pensato di sacrificare gli show dei delfini e dei leoni marini, considerando l’infanzia trascorsa a Gardaland, così come NaturaVision (che, da quanto abbiamo capito, è un film in 3D, proiettato più volte al giorno alternativamente in 3 lingue, che chiaramente non includono l’italiano), mentre abbiamo preferito non perderci qualcosa che potesse rappresentare una prima esperienza per noi, o quasi. In compenso, a partire da una certa ora del pomeriggio il parco è sembrato svuotarsi, segno che forse è vera l’ipotesi che molti visitatori appartenevano soprattutto a comitive.




Come accennavamo, il primo step è quello del parcheggio: poco prima di giungere al parco ci siamo imbattuti in un paio di uomini su un lato della strada, che facevano cenni esagerati per attirare gli automobilisti in arrivo facendo credere loro che non ci fosse più posto all’interno. Il nostro consiglio è di evitare di dar retta a questi personaggi, nel caso doveste imbattervi anche voi, dato che probabilmente sono estranei al parco e supponiamo che il loro scopo sia far parcheggiare i visitatori in aree esterne chiedendo in cambio dei soldi. Entrando, invece, dal cancello del parco col portale in stile arabeggiante, si accede al parcheggio interno (che in questo caso aveva posti liberi in abbondanza), per gran parte coperto, che comunque non è gratuito ma prevede una tariffa di 4 euro a vettura. Si può evitare questa piccola spesa se si usufruisce del trenino che citavamo prima e che, con una frequenza di uno ogni 20 minuti, può trasportare i visitatori da Plaza Reyes Católicos al parco e viceversa.




Ecco, l’aspetto economico sembra essere il fil rouge di tutta la visita, con la sensazione che, ad ogni angolo, stiano cercando il sistema per spillarti sempre qualche spicciolo, anche se, in effetti, lo scopo sembra sostanzialmente quello benefico, ovvero di aiutare la fondazione che il parco ha creato per la salvaguardia degli animali (Loro Parque Fundación). Per questo motivo si può anche giustificare il prezzo del biglietto d’ingresso, pari a 38 euro per un adulto, cifra paragonabile a quella di grandi parchi a tema europei e mai vista, personalmente, per una struttura di questo tipo.




È pur vero che ci troviamo di fronte ad un parco enorme e fortemente tematizzato, con moltissime specie presenti e sicuramente con diverse spese da affrontare, però già solo nella zona Pueblo Thai, la prima che si incontra dopo aver varcato l’ingresso, troviamo: il chiosco di Discovery tour (visite guidate del parco, chiaramente a pagamento – 11 euro per gli adulti); un laghetto con le carpe Koi e due grossi pesci finti all’interno della cui bocca puoi gettare una monetina esprimendo un desiderio (i soldi che fanno centro sono destinati alla Fondazione, il destino degli altri non si conosce…); una campana che puoi suonare, dopo aver inserito una moneta nell’apposita fessura, ancora una volta con la scusa di far esaudire un tuo desiderio; alcuni negozi; i bagni all’ingresso dei quali è presente la signora delle pulizie col piattino delle offerte come all’autogrill (con il dubbio che i proventi non vadano alla Fondazione, visto che non ci è parso di vedere avvisi in merito). Insomma, è probabile che, ancora prima di aver visto degli animali, il portafogli venga ulteriormente alleggerito.




Questa sensazione, però, sembra pian piano svanire quando si pensa alla visita e si rimane estasiati di fronte alla bellezza della natura, che in questo parco la fa davvero da padrona, perché non solo la fauna, ma anche il mondo vegetale è ampiamente presente.




Gli animali più rappresentativi sono, ovviamente, i pappagalli, visto che il nome stesso del parco fa riferimento a… loro (chiediamo scusa per il voluto gioco di parole: “Loro” è la traduzione spagnola di “pappagallo”), poiché nacque per ospitare inizialmente solo questi volatili. Per questo, a parte il Loro show, lo spettacolo di pappagalli più tecnologico e tematizzato che abbiamo visto finora, camminando per i diversi sentieri ci si imbatte ovunque in gabbie (purtroppo) con le specie più disparate di uccelli. Se ci si mettesse a leggere con attenzione tutti i cartelli esplicativi, anche solo dei pappagalli presenti, crediamo servano due giorni di visita, in quanto sono molto particolareggiati: nome dell’animale in spagnolo, inglese e tedesco, nome scientifico, peso, statura, località e tipologia di habitat in cui vive, caratteristiche peculiari – ad esempio del becco – per riconoscerlo da altri, livello di pericolo di estinzione…




In genere, gli altri animali non sono rinchiusi in gabbie ma in aree delimitate, anche se realizzate in modo da preservare la sicurezza degli ospiti e degli animali stessi; alcune di esse sono all’aria aperta, come per il gorilla, la tigre o i fenicotteri rosa, altre sono chiuse da vetrate anziché da reti, come per il leone o le nutrie. Molto imponente il padiglione Planet Penguin, in cui i pinguini ed altri animali delle zone più fredde della Terra si trovano in un ambiente ricostruito ad hoc e mantenuto alla giusta temperatura, separato dal pubblico tramite enormi vetrate. La particolarità è che la visita può essere realizzata salendo su un tapis roulant che si muove lentamente intorno a questo scenario impressionante.




Uno spettacolo, a nostro avviso, da non perdere è OrcaOcean: qui, in una immensa vasca, al centro della quale campeggia un enorme schermo che proietta le immagini in diretta e dei video esplicativi, alcune orche si esibiscono in numeri strabilianti, alcuni dei quali prevedono il rischio per una parte del pubblico, più volte avvertito sia prima sia durante lo show, di venire completamente e volontariamente inzuppati d’acqua. Emozionante vedere come ciascuna di queste orche abbia un rapporto speciale col suo specifico istruttore, per cui è sempre evidente il forte sentimento che nutrono l’uno per l’altra. Lo spettacolo, come del resto anche gli altri del parco, rappresenta anche un’occasione per sensibilizzare il pubblico sul rischio di estinzione di questi animali ed ha un valore didattico oltre che di divertimento.




Un’attrazione sorprendente è Katandra treetops: si accede in un grande spazio dove, una volta tanto, anche noi siamo “in gabbia” insieme ad una grande varietà di uccelli che sono quindi liberi di volare o posarsi anche a pochi centimetri da noi. Si cammina lungo un piccolo lago e si salgono dei gradini in legno che ci portano alla sommità degli alberi per poi ridiscendere con tutta la tranquillità che desideriamo.




Non elenchiamo le tipologie di altri animali che si possono ammirare nel parco, anche per lasciare un po’ di sorpresa al lettore che volesse visitarlo, ma vorremmo soffermarci su alcuni dettagli. È presente una ormai immancabile area bimbi dal nome non particolarmente fantasioso Kinderlandia, all’interno della quale segnaliamo un playground ed un piccolo coaster dove i vagoncini assumono le sembianze di simpatiche orche. Tale ultima attrazione è a pagamento.




Un’altra area, chiamata Animal Embassy, permette di assistere ad una sorta di backstage su come vengono allevati e curati gli animali del parco. Sempre attraverso delle vetrate, si possono vedere alcuni uccelli nelle diverse fasi della loro crescita prima che diventino adulti e vengano magari inseriti nel parco, e si può ammirare il lavoro dei veterinari che studiano e curano gli animali malati. Al termine del percorso si entra in un negozio all’ingresso del quale due grandi display mostrano tristemente in tempo reale la crescita della popolazione umana mondiale e la diminuzione di ettari di foreste.




Un discorso particolare si potrebbe fare per Aqua viva, un piccolo padiglione dedicato alle meduse, visitando il quale possono sorgere alcune domande: 1) Che senso ha il Giardino Zen che viene citato come attrazione separata quando invece si trova all’interno dello stesso padiglione? Si tratta, in definitiva, di una vasca con una grossa pianta e diversi pesci… 2) Perché relegare qui le meduse e il giardino zen quando esiste già un acquario nel parco? 3) E per quale motivo occorre passare obbligatoriamente da qui dentro per raggiungere uno dei due ingressi di OrcaOcean? La risposta che ci siamo dati è: la mancanza di spazio, limite che è evidente se si fa attenzione a diversi elementi, come, appunto, la viabilità a volte caotica e con dei punti nei quali si formano ingorghi che rendono difficile il passaggio degli ospiti. Lo stesso dicasi per il Mercato Gambiano, a ridosso dell’edificio che accoglie il Loro Show: una zona con un paio di negozi e punti ristoro che sembra messa lì giusto per riempire un buco, talmente ridotta che è stato difficile persino scattare delle foto panoramiche.




Domande e risposte simili possono sorgere per il Terrario, con animali che in alcuni casi si vedono o si sarebbero potuti ammirare già in altre zone del parco, e che comunque non sembra qualitativamente allo stesso livello del resto della struttura. Per il pranzo abbiamo usufruito del self service Patio del Loro, non particolarmente economico ma comunque in linea con i prezzi del parco e con piatti molto buoni. Carino, invece, per consumare qualche spuntino il café-bar El puente, subito fuori dal Mercato Gambiano.




Il personale è parso generalmente cortese, anche se comunque mai esageratamente presente o pressante; soltanto ponendo un’attenzione particolare ci si può rendere conto che nelle vicinanze c’è sempre almeno un cast member che sorveglia, pronto ad intervenire in caso di problemi o comportamenti inadeguati da parte dei visitatori. Gli addetti dei negozi e dei punti ristoro sono solari e disponibili; ci verrebbe da dire “Coi prezzi che ti fa pagare il parco, sarebbe il minimo!” però, in effetti, non sempre nei parchi si riscontra corrispondenza tra i due aspetti. E, giusto per concludere con l’aspetto economico con cui abbiamo iniziato, ci sembra giusto segnalare almeno un paio di promozioni: un biglietto combo per visitare anche Siam Park, uno dei parchi acquatici più famosi del mondo, ed un biglietto ridotto per una seconda visita a Loro Parque.




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Leggi l’articolo originale Loro Parque: il Report di visita su Parksmania.